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Lora Lamm ritratta nel gennaio 2015 da Markus Bühler-Rasom al museo del design di Zurigo, dove è ospitato un archivio dei suoi lavori.

8 min minutes
Pulp 05Storie

Un fuoco sacro

L’illustratrice e grafica svizzera Lora Lamm ha lasciato il segno nella Milano degli anni Cinquanta. Ora il suo lavoro si sta guadagnando l’attenzione che merita. Di Chiara Medioli Fedrigoni
Corporate communicationGraphic designIllustrazioneIntervista

Lora Lamm ritratta nel gennaio 2015 da Markus Bühler-Rasom al museo del design di Zurigo, dove è ospitato un archivio dei suoi lavori.

Il lavoro di Lamm – una ricetta originale che mescola tipografia, fotografia e illustrazione – dovrebbe essere citato in ogni testo sulla grafica del Novecento.
“Pirelli per lo scooter”, 1959, cartello 32,5 x 22,8 cm. Nella sua proposta grafica Lamm usa un’illustrazione a tempera in combinazione con la foto in bianco e nero di una gomma Pirelli. Altri poster della serie Pirelli mantengono questo tocco arioso, per nulla macho.

Di persona, Lora Lamm comunica la stessa freschezza diretta che si apprezza nei suoi manifesti. Nata e cresciuta in Svizzera, ha lavorato come grafica dai primi anni Cinquanta, ma è conosciuta soprattutto per la sua gloriosa decade milanese, dove tra il 1953 e il 1962 ha lavorato, tra gli altri, per La Rinascente, Pirelli ed Elizabeth Arden.

Il Museum für Gestaltung (MfG) di Zurigo è molto attivo nel promuovere il lavoro di Lora Lamm: Bettina Richter, curatrice della sezione poster, sta organizzando “La vita è bella”, una mostra dei manifesti di Lora Lamm, che sarà allestita nell’enorme muro interno all’ingresso del museo dal 24 giugno 2015. Lamm è attivamente coinvolta nel progetto. Rivedendo la bozza dell’allestimento sposta alcuni manifesti qua e là e spiega: “La sequenza deve avere un ritmo, deve piacere subito agli occhi, e non solo dialogare con il cervello.”

C’è stata una recente, tardiva riscoperta del lavoro di Lora Lamm: nel 2007 una selezione di suoi lavori è stata parte della mostra “Zurich-Milano”, del museo del Design di Zurigo, mentre nel 2013 è stata allestita una sua personale sugli anni milanesi al Max Museum di Chiasso. Queste mostre hanno rivelato Lamm a un pubblico più vasto: il suo lavoro – una ricetta originale che mescola tipografia, fotografia e illustrazione – dovrebbe essere citato in ogni testo sulla grafica del Novecento. Invece fino a tempi molto recenti solo alcuni esperti conoscevano la sua grafica.

Lora Lamm è una persona riservata, che ha sempre rifiutato di appartenere a un gruppo o corrente particolare di grafici, o di impegnarsi in discussioni teoriche su grafica e design. “A me piace fare il lavoro, non parlarne”, spiega in perfetto italiano. Molto tempo fa decise anche di non insegnare a scuola: “Io mi esprimo attraverso il lavoro, non con le parole. La didattica è una grossa responsabilità e occorre essere preparati seriamente per insegnare bene.”

Nata nel 1928 ad Arosa, nelle Alpi svizzere, ha studiato all’Accademia di arti applicate (Kunstgewerbeschule) di Zurigo sotto la guida di Ernst Keller, Ernst Gubler e Johannes Itten. Nel 1953 parte per Milano su consiglio di Frank Thiessing, copywriter di Graphis (allora una delle maggiori agenzie svizzere). E nei primi anni Cinquanta il clima milanese era effervescente. Il bisogno di ricostruire un paese distrutto dalla seconda guerra mondiale significava sperimentazione ovunque: architettura, cinema, tecnologia e moda.

“I disegni di Warhol erano perfetti”, ricorda Lamm. “Aveva un occhio e una mano molto allenati. Il pubblico conosce perlopiù i suoi lavori della Pop Art, ma Warhol era un fantastico disegnatore.”

A Milano, l’ispirazione veniva dall’America e dalla Svizzera. Lamm – che già ammirava il lavoro di artisti e grafici italiani come Carboni, Fornasetti, Confalonieri, Negri, Longoni, Danese – iniziò a lavorare per lo studio Boggeri e per Motta. Dopo poco tramite Max Huber entra in Rinascente, dove lavoravano all’epoca altri nomi importanti come l’architetto Carlo Pagani, il designer Albe Steiner, Max Huber stesso, Bruno Munari e un giovane Giorgio Armani: “Un ragazzo molto timido, che ogni tanto lavorava come vetrinista.”

“C’era un fuoco sacro in quegli anni”, ricorda Lamm. Il capo della Rinascente, Cesare Brustio, e il suo direttore creativo Gianni Bordoli, ebbero l’acume di assumere le persone più interessanti che si trovavano in circolazione, e non importa se erano molto giovani o stranieri. Quegli anni plasmarono quello che poi è diventato il successo mondiale della moda italiana.

Lora Lamm gradualmente prese maggiore responsabilità: l’ambiente era stimolante, con molto dialogo sul lavoro e i progetti, che Lamm traduceva poi rapidamente in immagini e segni. Creava la grafica per gli eventi stagionali (i saldi, la fiera del bianco, Pasqua, la primavera, l’estate e le vacanze, il ritorno a scuola e il Natale). Ogni evento comportava il progetto di un manifesto, una sfilata, lo studio di vetrine e allestimenti in negozio, inviti e perfino la grafica dei cartellini dei prezzi.

La Rinascente, “Occasioni per le vacanze”, 1959. Stampa offset, 100 x 68,5 cm.
“Casalinghi e arredamento”, La Rinascente, 1956, manifesto 100 x 70 cm stampato in offset.

C’erano poi mostre speciali e prodotti da paesi lontani: quella del 1956 sul Giappone resta una pietra miliare della produzione di Lamm. E come risultato di tutti questi viaggi dei buyer verso paesi stranieri e la relazione speciale della Rinascente con magazzini americani come Macy’s a New York e Neiman Marcus a Dallas, Lamm si ritrovò a scambiare disegni e dediche di apprezzamento reciproco con un giovane Andy Warhol, come lei grafico in un grande magazzino, che tuttavia non incontrò mai di persona. “I disegni di Warhol erano perfetti”, ricorda Lamm. “Aveva un occhio e una mano molto allenati. Il pubblico conosce perlopiù i suoi lavori della Pop Art, basati su fotografie e riproduzioni, ma Warhol era un fantastico disegnatore.”

Per Lora Lamm la base della buona grafica è il disegno. “Bisogna saper disegnare, e disegnare i caratteri tipografici.” A 87 anni, schizza e disegna ancora nei suoi taccuini, e ha un progetto per un libro (non un libro per l’infanzia) sulla vita quotidiana di un’arachide.

La sua tecnica di lavoro è sempre stata simile a quella di un samurai: prima molta riflessione e osservazione, poi una realizzazione rapida e precisa con il pennello e la tempera su piccoli formati A6.  Poi collage, fotocomposizione e lettering, con i testi sviluppati dalla stylist italo-svizzera Amneris Latis, in una lingua italiana con piccole, impreviste deviazioni svizzere. Le immagini venivano ingrandite e stampate in roto-offset con un retino molto largo. In alcuni casi, il tratto di matita resta visibile sotto i colori. Questo dà ai manifesti un’aria fluida e ariosa, come se si stesse assistendo a una scena all’aperto.

Negli anni milanesi, Lamm lavorò anche come freelance per diversi clienti, tra i quali Elizabeth Arden e Pirelli. “Disegnavo per Rinascente di giorno, e per questi altri clienti la notte.” I manifesti Pirelli erano destinati a essere affissi nelle autofficine.

La scelta della carta è sempre stata una parte importante dei suoi progetti “Poche copie e litografia? Il grafico poteva dettare legge e scegliere una carta bella e magari costosa”, dice Lamm. “Tiratura alta e rotogravure? Allora probabilmente si finiva per usare una carta economica. La carta deve essere come una stoffa, si deve sentire in mano e persuadere il lettore a girare pagina.  La carta patinata è fredda, a volte rigida. Quando era possibile, usavamo belle carte di Fischer (distributore svizzero di carte speciali, tra cui Fedrigoni) e Fabriano, e magari stampavamo da Muggiani.”

Dopo il 1962 le cose cambiano alla Rinascente, e Lamm decide che è ora di partire. Malgrado la tentazione di andare negli Stati Uniti, decide di ritornare a Zurigo e si associa all’agenzia di pubblicità Thiessing BSR, lavorando per clienti in campi molto diversi come il tessile (Patrick Hoffel, Fischbacher, Lodenfrey), aerospaziale, alimentare, moda e farmaceutica, lavorando molto con la fotografia e la tipografia.

“Che divertimento lavorare per l’aerospaziale e la difesa”, ricorda. “Lì la scelta del carattere tipografico e della carta erano fondamentali, mentre disegnare per il tessile richiedeva un tocco femminile, magari un’illustrazione. Il cliente va trattato con intelligenza ed educazione. E il cliente da parte sua deve fidarsi del grafico. Il mio lavoro del periodo milanese forse mostra un filo di snobismo, una certa indipendenza. Pensavo: questo è il mio lavoro, e se non vi piace, peggio per voi. Sapevo comunque che quegli anni erano un’esperienza irripetibile.”

Incontrare le persone giuste, che al momento giusto hanno creduto in lei è stato fondamentale per la vita e la carriera di Lamm. Innanzitutto suo padre, che a diciott’anni la incoraggiò a scendere dalle montagne e andare a studiare a Zurigo. Poi il grafico Max Huber; il direttore creativo di Rinascente Gianni Bordoli, il capo comunicazione di Pirelli Arrigo Castellani, e poi Frank Thiessing (1917-2009). Anche se meno noto di altri, Thiessing era un professionista elegante e colto, che nel 1953 la incoraggiò ad attraversare le Alpi e più tardi, nel 1962, la invitò ad associarsi al suo studio. Nel 2003 le chiese di diventare sua moglie.

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