
“Vorrei provare ad autodefinirmi: hai presente il Palio di Siena? C’è sempre un cavallo che corre senza fantino. Magari è più veloce degli altri però non vincerà mai. Ecco quello sono io.”
Emanuele Ricci è il titolare di uno studio di design che non ha collaboratori fissi. Anche se può contare su altre persone quando serve, i suoi metodi di lavoro sono più simili a quelli di un compositore musicale. Per Ricci il processo creativo è intimo, si muove secondo un proprio ritmo attentamente controllato e alimentato da una curiosità libera e onnivora.
“Sono un grande appassionato di musica,” dice Ricci “mi piace tutta, dalla polifonia medievale all’house. Sono affascinato dalla prospettiva del progetto musicale, dalla sua matematica pura, dalla profondità, dalla lunghezza di arcata, e così via.”
Tra gli eroi musicali di Ricci ci sono Kevin Volans e Moondog. Volans è un musicista sudafricano (ora residente in Irlanda) che ha ricomposto i suoni della savana africana nella sua White Man Sleeps. Moondog, un musicista cieco le cui composizioni hanno anticipato il minimalismo, si esibiva nelle vie di New York vestito come un vichingo.
“Anche Moondog ha scritto un pezzo incredibile. S’intitola Westward Ho: ha preso un canone, l’ha ripetuto e vi ha inserito i suoni della strada, rumori fastidiosi che sono diventati armonia. Questi due artisti”, spiega Ricci, “hanno usato dei materiali per far qualcosa di unico, di lussuoso.”
Alle pareti dello studio c’è un “bestiario” di oggetti che spaziano dall’aeronautica alla zoologia. Su un tavolo spartano c’è un computer, tra la tastiera e lo schermo un album da disegno con una penna. È solo combinando l’uso di diversi strumenti che Ricci riesce a catturare i suoi pensieri, tradurli in azioni e depositarli in tracce.
Il suo studio è in un appartamento al piano alto di un palazzo di Milano. La luce che inonda le stanze del lavoro penetra fin nel corridoio. Questo corridoio serve sia da biblioteca – che accoglie rotoli di tessuto, collezioni di insetti, scatole su scatole di materiali di ricerca e una macchina per cucire – sia da laboratorio, dove Ricci archivia i risultati dei suoi esperimenti di design con oggetti assortiti.
Ogni progetto è accuratamente documentato e ogni elemento del processo che conduce alla sintesi finale è dettagliato.
L’archivio è diviso in due collezioni: una contiene reperti trovati sul campo; l’altra materiali vari tra cui giocattoli, che Ricci trova alle fiere o ai mercatini dell’usato. È sempre in cerca di tecnologie che può trasformare piazzandole in contesti nuovi. La propensione di Ricci a questo approccio come a una tecnica di risoluzione dei problemi è il segreto del suo successo di designer.
Ricci è un perito agrario, e di questo si può trovare traccia nel suo lavoro eclettico seguendo il filo rosso che lega i progetti realizzati per suoi clienti. Ha lavorato per il settore automotive, per il mondo della tecnica sportiva e per quello dell’arredamento. Negli anni Ottanta ha lavorato nell’illuminotecnica e l’eredità di quell’esperienza emerge chiaramente dalla raffica di domande che pone all’inizio di ogni nuova sfida. “Il comportamento della luce sulle superfici, mettere insieme luce e ombra, alto e basso, positivo e negativo, questa per me è la posta in gioco.”
Il designer sostiene che l’orchestrazione di questi elementi (anche mutuando il processo compositivo della musica) è quel che sta dietro la creazione di Spillo, la nuova carta che ha realizzato per Fedrigoni. “Quando nel 2010 mi è stato chiesto di realizzarne una non ne avevo mai fatte in vita mia” ammette. “Lo stesso era accaduto con i tessuti quando Rubelli mi cercò per chiedermi di disegnarne alcuni.”