Fondato nel 2001 da Alexandre Dimos e Gaël Étienne, lo studio di grafica deValence, che ha sede a Parigi, è appena entrato nel suo quindicesimo anno di attività; un’attività molteplice: comunicazione visiva, progettazione tipografica e direzione artistica per progetti editoriali. Composto oggi da Dimos, Ghislain Triboulet, Jeremy Perrodeau e Jean-Philippe Bretin, deValence ha dato prova di essere uno studio solido e dinamico, che si è gradualmente costruito una reputazione in un ambiente professionale sovraffollato ed esposto alle difficoltà di questa epocale crisi economica. Lo studio progetta e realizza pubblicazioni, manifesti, identità visive, segnaletica e siti web per una clientela molto varia come istituzioni culturali (il Château de Versailles) e scolastiche (Harvard Graduate School of Design), per editori (Flammarion), riviste (L’Architecture d’Aujourd’hui), marchi commerciali, quotidiani, artisti, architetti, ecc. Nel 2008 deValence si è specializzato in editoria mettendo in piedi una società sorella, B42, che produce libri (dedicati alla grafica, alla tipografia, alla cultura popolare e alle arti contemporanee così come alla saggistica di designer e artisti) e – cosa abbastanza rimarchevole – alla rivista critica Back Cover, che in sei numeri ha affermato la propria autorevolezza nel settore.
In che misura deValence è riuscito a costruire la propria identità per rivendicare una posizione che, apparentemente, potrebbe essere considerata in contrasto con altre tendenze in un paese dove il graphic designer artista/auteur predomina ancora? Si può descrivere il suo approccio come risolutamente modernista; rispettoso di una certa tradizione, che è ancora fresca nella breve storia della grafica, ma privo di deferenziali nostalgie; animato da un desiderio di ridar forza a regole, posizioni e forme a lungo collaudate; alimentato da un bisogno di spostare le linee di forza e dettarne di nuove nel presente.