Mentre le nostre vite trascorrono giorno dopo giorno è facile dimenticare che stiamo tenendo il passo con i pianeti, la luna e le stelle. Abbiamo calendari da ringraziare per la nostra smemoratezza. Quando prendiamo un appuntamento, ci ricordiamo di un compleanno o controlliamo la data di un certo giorno, passiamo in rassegna movimenti galattici.
Nessuno sa esattamente quando è nata la tabella composta da sette colonne e sei righe che comunemente riconosciamo come un calendario. Prima dell’invenzione della stampa, fra gli scrivani erano popolari altre visualizzazioni, inclusi i diagrammi circolari in cui si distinguevano gli anni, i mesi e le settimane, e la natura ciclica del tempo. La composizione tipografica però portava verso soluzioni rettilinee. La capacità di riproduzione della stampa aveva permesso anche di concepire un calendario che si poteva buttare a fine anno. Questi stampati soppiantarono le soluzioni perpetue come gli almanacchi – algoritmi di lunga durata utili a stabilire a quale giorno della settimana si riferisse la data di un certo mese.
Il calendario sta al tempo come la calcolatrice digitale sta all’aritmetica ed è tra le interfacce più durature ed efficienti mai progettate.
La sua pura praticità ne fece il canale perfetto per altri cercatori di funzione universale, i sostenitori dell’International Style. Nel 1966, il graphic designer Massimo Vignelli, già seguace della razionalità decisionale della griglia, sovrappose a questa struttura numeri in Helvetica non distanziati per il calendario Stendig, dal nome dello stampatore di Nashville nel Tennessee che glielo commissionò e lo produce ancora oggi. Insieme alle sedie degli Eames e ai divani di Le Corbusier, il calendario di Vignelli ha tutte le caratteristiche di un classico modernista del XX secolo.
Nello stesso decennio in cui Vignelli ne distillava l’essenza, l’azienda di pneumatici Pirelli scavava il potenziale promozionale del calendario e la propria propensione per 12 variazioni su un tema. “The Cal”, come è sempre stato chiamato, aggiunge lustro alla formula del calendario di belle ragazze grazie alle quotatissime modelle, art director (Derek Birdsall, Derek Forsyth, Martyn Walsh) e fotografi (Robert Freeman, Harri Peccinotti Peter Knapp, Sarah Moon) che ne hanno fatto un’icona culturale (e sessuale).