Graphic Thought Facility (GTF) nasce da una generazione di laureati del Royal College of Art di Londra che faticava a trovare impiego a causa della recessione dei primi anni ’90. Per parecchi di questi giovani designer la soluzione fu di mettere in piedi un’attività in proprio. GTF, che ora include una decina di designer oltre a Paul Neale, Andy Stevens e Huw Morgan, in trent’anni è cresciuta velocemente diventando uno degli studi di design londinesi più ammirati e di successo. I loro primissimi lavori mostravano la volontà di trovare soluzioni semplici a brief complessi, che si trattasse di dare un aspetto e un feeling uniformi ai cataloghi d’arte e ai manifesti teatrali, o di fornire programmi d’immagine coordinata ad aziende come Habitat o Vitra.
GTF è favorevole all’eliminazione di elementi inutilmente “progettati” per costruire sistemi che rimuovono dal processo decisioni estetiche: il loro lavoro spesso mostra una bellezza inattesa che è frutto di pragmatico buon senso, è un sistema che “si auto-progetta”. Creando un framework, GTF fa sì che le azioni altrui – o la fortuna – possano manifestarsi.
Un sistema simile si vede nei progetti annuali di corporate identity per la fiera d’arte Frieze London realizzati fra il 2003 e il 2012: combinavano un marchio tipografico, come le etichette delle gallerie d’arte sul retro delle tele, con belle foto che evidenziavano la sede della fiera in Regent’s Park, un concetto brillantemente rivisitato ogni anno; si vede nella loro MeBox, una scatola di cartone a piccoli fori fustellati che l’utilizzatore può personalizzare; e si vede nel loro lavoro per l’azienda tessile danese Kvadrat, basata su una collezione di forme misteriose rivestite con i tessuti prodotti. Quando hanno ripreso questi oggetti cadere a gran velocità, hanno rallentato e ruotato di 90 gradi il filmato: ne è venuto fuori un astratto balletto al rallentatore per gli schermi dei loro showroom.