L’insegna di latta del ristorante Al Calmiere a Verona, la città di Fedrigoni.
Lettere toscane intagliate nel legno per l’Orologeria Rocca, a Torino.
Nella sua introduzione a L’Italia insegna. Viaggio fra scritte, targhe e iscrizioni dello Stivale (Lazy Dog Press, 2015), l’autore James Clough trova sorprendente quanto possa essere “flessibile e accomodante” l’alfabeto nelle mani dei creatori di insegne, professionisti o dilettanti che siano. “Per circa cent’anni, prima che i caratteri e le font generate al computer dominassero la scena, non c’è stata alcuna omologazione delle forme delle lettere per insegne commerciali.” Il suo libro celebra una gran varietà di insegne e forme di lettere, scovate in un centinaio di località, dalle grandi città ai piccoli villaggi, e raccolte in un’ampia rassegna di foto scattate negli ultimi vent’anni dallo stesso Clough e da molti altri fra colleghi, amici e conoscenti.
“A seconda dei punti di vista una scritta può essere un’opera d’arte, alla moda o fuori moda, bella o brutta, può essere adatta o inadatta alla sua funzione e può star bene o no all’interno dello spazio che occupa, oppure essere coerente o meno con l’ambiente architettonico circostante.”