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Rino Maccaccaro. Foto: Martino Lombezzi.

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Pulp 01Storie

Persone e carta: Rino Maccaccaro

Intervista con Rino Maccaccaro, curatore dell’archivio Fedrigoni, Verona.
IntervistaStampa digitale

Rino Maccaccaro. Foto: Martino Lombezzi.

‘Una volta scattata la passione per la carta, non è stato più possibile pensare di cambiare mestiere’
Tela di filigrana per cliente Tissot / Omega, anni ’60.
Campionario di carte per legatoria, anni ’60.
Splendorlux in uno dei primi campionari della gamma, anni ’70.

Rino Maccaccaro iniziò a lavorare per la cartiera Fedrigoni di Verona nel 1954, non appena quindicenne. Il suo primo lavoro fu ‘guardia-presse’ alla Macchina Continua; era così piccolo che doveva arrampicarsi per azionare i comandi. Da adolescente frequentò la scuola di formazione interna alla Fedrigoni, che includeva lezioni di chimica, fisica, tecnologia cartaria, storia e cultura generale, sostenendo un esame finale. Negli anni ’60 divenne Assistente fino a diventare Capo Fabbricazione nel 1984. Dopo il pensionamento nel 1992 il Sig. Maccaccaro ha continuato a lavorare come consulente per la formazione interna e le attività di certificazione della qualità.

Oggi collabora all’archivio aziendale con un altro ex-impiegato del Laboratorio Chimico Fedrigoni, Silvano Brescianini. Ai materiali da lungo tempo accatastati nei magazzini sarà affidato il compito di raccontare la storia dell’azienda, e Maccaccaro e Brescianini li stanno ora vagliando e catalogando per organizzare l’esposizione.

Tela di filigrana per cliente Tissot / Omega, anni ’60.
Campionario di carte per legatoria, anni ’60.
Splendorlux in uno dei primi campionari della gamma, anni ’70.

Ha mai considerato di lavorare al di fuori dell’industria della carta?

Quando avevo quindici anni pensavo solo a scappare – specialmente quando ero nel turno di notte e ogni ombra mi faceva fremere. Ma una volta scattata la passione per la carta, non è stato più possibile pensare ad un altro mestiere.

Il processo di fabbricazione della carta è basato su una serie di principi di fisica e chimica. Solo apprendendo il processo di fabbricazione alla scuola di formazione interna mi appassionai alla carta. E questo fu per sempre.

Che lavoro facevano i suoi genitori e nonni per Fedrigoni?

Il mio nonno paterno iniziò a lavorare per Fedrigoni nel 1888 (l’anno di fondazione dell’azienda) e rimase fino al 1920 all’incirca. Era addetto alla preparazione degli impasti come lo fu suo figlio, mio padre, il quale lavorò fino al 1953. Il mio nonno materno lavorò in cartiera per circa dieci anni, tra il 1920 e il 1930. I miei due nonni furono colleghi e i miei genitori si conobbero grazie a questo rapporto.

Mia sorella, maggiore di due anni, lavorò in Fedrigoni nel reparto allestimento tra il 1951 al 1977. A quel tempo, questo reparto impiegava qualcosa come 170 donne per scegliere e contare a mano ogni foglio di carta per confezionare i pacchi.

Posso anche annoverare alcuni cugini.

Attualmente il fratello di mia moglie lavora in Fabbricazione, ma a parte lui (ora cinquantenne), la dinastia della mia famiglia in cartiera è terminata.

Quali sono i suoi reperti preferiti dell’archivio?

Il reperto al quale sono più legato è l’apparecchio per la misurazione delle “doppie pieghe” (lo Sgualcimetro), perché mi ricorda i miei primi anni al Laboratorio Controllo Qualità, quando queste apparecchiature mi sembravano animali da domare.

Mi sono care anche alcune tele di filigrane: mi ricordano la fatica del montaggio per un lavoro “a regola d’arte” e lo stupore per i segni d’acqua (le filigrane) che lasciavano sul nastro di carta.

Quali sono le cose che mancano dall’archivio?

Purtroppo, tra il 1944 e il 1945, la cartiera fu bombardata molte volte e rasa al suolo. Le prime Macchine Continue sono andate perdute, ma fortunatamente le tavole dei progetti delle macchine del 1888 si sono salvate e sono in buone condizioni e ora sono esposte nell’Archivio. Mancano anche le Olandesi in Legno (le prime vasche di raffinazione della cellulosa), dismesse 40 o 50 anni fa, come pure un’infinità di attrezzature e strumenti che furono considerati “ferri vecchi”.

Come pensa che il modo di fare la carta possa evolvere nel prossimo futuro, diciamo 25 o tra 50 anni?

Secondo me il grande salto nella fabbricazione della carta è avvenuto tra gli anni ’60 e il 2000: è migliorata la tecnologia e le materie prime sono diventate più sofisticate. L’automazione ha consentito di raggiungere velocità prima impensabili. Ma il foglio di carta è ancora fatto di fibre naturali che si intrecciano in un certo modo.

Quali sono i cambiamenti più significativi ai quali ha assistito durante la sua vita alla Fedrigoni?

Per me il cambiamento cruciale è stato il passaggio dalla sapienza delle mani ai controlli in linea! Quando io ero un giovane assistente di fabbricazione, vedevo i vecchi “cartai” che il grado di raffinazione, il liscio, l’opacità, li misuravano ad occhio e a mano, e l’esperienza era il solo metro che permetteva a un mastro di valutare la qualità del prodotto. Devo anche dire che l’introduzione di sistemi di controllo in-linea ci svelava come spesso i nostri vecchi sbagliavano nelle valutazioni di solo mezzo grado!

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