Modern Activity, lo studio di graphic design di Matt Appleton, ospitato in un complesso per artisti nel distretto londinese di Hackney, assomiglia più a un laboratorio industriale che a uno spoglio studio, colmo di attrezzature e opere in via di realizzazione. Ci sono materiali in bella vista: degli scaffali pieni di campionari contendono lo spazio a stock di risme di carta ordinatamente etichettate, che incombono su una piccola ma efficiente stampante a caldo Kobo, specifica per la stampa manuale di titoli e grafiche su copertina. Si tratta di un’attrezzatura che Appleton usa regolarmente, sia per realizzare direttamente libri di piccola tiratura sia per offrire delle prove di stampa a clienti e stampatori: “Un computer non può imitare il gioco di luce e una stampante a caldo commerciale non è fatta per provare 50 diverse combinazioni di colore.”
Queste preoccupazioni di ordine tattile si riflettono nel lavoro attentamente strutturato di Appleton, che distorce sottilmente elementi costitutivi classici. Formatosi come architetto, si è preso due lauree prima di decidere che non voleva diventare una “scimmia del CAD”. Ha traslocato al Royal College of Art, dove ha contribuito a fondare un collettivo informale di illustratori e artisti chiamato Le Gun, che ha ottenuto molta attenzione negli anni zero del Duemila per i suoi eventi sperimentali e l’eponima “rivista di illustrazione narrativa”. In questi giorni lavora principalmente per imprese serie come il think tank Demos (ai cui trattati semplici e fitti di testo riesce a dare una severa bellezza), ma lo spirito creativo di Le Gun continua a vivere nei suoi meticolosi progetti di pubblicazione per il mondo dell’arte. Ove possibile Appleton lavora con i singoli artisti, ricavando ispirazione dalla loro prassi e spesso spingendo la loro galleria a tentare nuovi approcci. Clienti così richiedono ciò che lui definisce “un intervento in punta di piedi. Devi prendere decisioni piuttosto significative, ma auspicabilmente esse sono una risposta a ciò che sta facendo l’artista. Questo non va visto come lo stile del designer, ma più che altro come il modo in cui il libro dovrebbe essere realizzato.”
Nel mondo dell’arte si ha spesso la necessità di creare impatto a partire da budget limitati e se c’è carta bianca per la scelta dei materiali, Appleton richiede puntualmente carte Fedrigoni. Per The Flight of O, una complessa versione di fiabe della giovane e pluripremiata artista Zoe Williams, Appleton si è inventato un lusso conveniente stampando a un colore su Arcoprint Edizioni e impiegando gli stagisti di turno alla galleria dell’artista per applicare stampe a colori. La copertina, su carta Ispira Fascino, impiega elementi di stampa a caldo in color rame stampati in proprio sulla sua fidata Kobo.
Per l’artista e performer sciamanico Marcus Coates, ha lavorato a così stretto contatto da guadagnarsi una citazione sul progetto di Book Works A Practical Guide to Unconscious Reasoning, essendo riuscito a trasformare “un mucchio di note su Post-it” in un manuale concettuale di sviluppo personale. Il brillante e complesso sviluppo interno è stampato su Arcoprint Milk, una carta dall’ottimo rapporto qualità/prezzo, e rivestito in cinque alternativi colori di copertina, scelti “non per bellezza, ma per cercare di farti pensare al motivo per cui stavi scegliendo quei colori”. Questi, come la gran parte dei progetti di copertine per libri d’arte, sono il risultato di sessioni di laboratorio con l’artista, dal momento che “il colore è una scelta istintiva; spesso la gente non sa ciò che le piace finché non l’ha visto”.