Billy Kiosoglou e Frank Philippin, i due titolari dello studio di design Brighten the Corners, lavorano con Anish Kapoor dal 2009. La loro prima collaborazione ha riguardato il sito minimale a “rettangolo bianco” anishkapoor. com, un sistema in caratteri lineari codificato a colori che mappa ogni fase della lunga carriera dello scultore, ben noto a livello internazionale.
A partire dagli anni Ottanta, Kapoor ha realizzato opere sempre più monumentali in materiali vari (compresi legno, acrilico, ardesia, marmo, cemento, terra e metalli) spesso usando intensi pigmenti primari. Nel 1991 ha vinto il Turner Prize e da giugno a ottobre 2015 ci sarà una mostra del suo lavoro alla reggia di Versailles. Quest’appuntamento annuale finora ha ospitato le personali di Jeff Koons, Takashi Murakami e Joana Vasconcelos.
Negli ultimi cinque anni, Kiosoglou (a Londra) e Philippin (a Odenwald, Germania) hanno instaurato una stretta relazione con Kapoor facendo libri e cataloghi insieme e lavorano ora a un grosso libro sulle installazioni architettoniche di Kapoor (che non ha ancora una data di pubblicazione certa). I cataloghi, per contro, sono più piccoli ed esigono una realizzazione in tempi stretti. Ma Kiosoglou e Philippin mirano a fare un lavoro che riflette il “processo” dell’opera di Kapoor.
“Il processo è ciò che abbiamo in comune,” affermano i designer. E le riflessioni sui procedimenti propri dell’arte e del design ricorrono spesso nella conversazione. Brighten the Corners rifiuta le convenzioni del mondo dell’editoria d’arte, abbandonando i “cataloghimattone” che mostrano pagine e pagine di opere d’arte stampate su carta patinata con una fotografia al vivo in copertina.
“Quasi sempre la progettazione dei cataloghi d’arte vola basso”, dice Kiosoglou. “Il designer e l’artista non sono nella stessa stanza. Spesso è difficile capire se l’artista è vivo o morto!”
Kapoor, nato a Mumbai, in India, nel 1954, è vivo più che mai e pienamente coinvolto in ogni aspetto del rigoroso e coraggioso design grafico di Brighten the Corners. Residente a Camberwell, nel sud di Londra, Kapoor è una figura rilevante nella scena artistica internazionale, uno scultore i cui lavori si possono ammirare in giro per il mondo, da Kaipara Bay in Nuova Zelanda al Parco Nazionale del Pollino in Italia; da Napoli a Nottigham e in molti altri posti dove il suo lavoro cambia l’aspetto del paesaggio e diviene in breve tempo parte del patrimonio culturale locale.
La sua scultura in acciaio lucido Cloud Gate (2006), a Chicago, compare nel film Source Code. Orbit, la costruzione alta 120 metri realizzata per Londra 2012 (e la mostra che l’accompagna al Victoria and Albert Museum) è una presenza inquietante nella novella di Nari Kunzru Memory Palace. Perfino le installazioni temporanee di Kapoor tendono a rimanere nella memoria, come per esempio il suo epico Marsyas, la gigantesca membrana rossa in pvc sorretta da una struttura di acciaio e realizzata con l’ingegnere Cecil Balmond per la Sala delle Turbine della Tate Modern nel 2002, e Symphony for a Beloved Sun (2013), il viscerale, un po’ snervante, agglomerato di cera, acciaio, tela e vernice, che è una delle 45 installazioni di Kapoor per una grande mostra al Martin-Gropius-Bau di Berlino.
Quest’ultima è una grande e rumorosa opera nella quale nastri trasportatori sferraglianti lasciano cadere grandi blocchi di cera rossa sul pavimento della galleria. Questo lavoro ha suggerito a Kiosoglou e Philippin una metafora visiva per il progetto del catalogo eponimo della mostra. La copertina di Symphony for a Beloved Sun mostra infatti una macchia di colore a olio rosso che sembra colare attraverso le molte pagine di testo che seguono. Dentro al volume ci sono due aperture a doppia pagina che mostrano due fotografie formato verticale di singole opere, racchiuse da ampi margini esterni e separate da un generoso margine interno. “Il libro deve intervenire e colmare la mancanza,” aggiunge Kiosoglou.
Un altro esempio dell’approccio spiazzante di Brighten the Corners al design di catalogo è In the shadow of the tree and the knot of the earth (2012). In questo libro, immagini a colori della mostra omonima di Londra sono inserite come fogli volanti ripiegati tra le pagine rilegate che mostrano delle tempere monocrome preparatorie di Kapoor. L’effetto è oscuro, denso, d’atmosfera. Nella mostra alla Lisson Gallery queste tempere non c’erano proprio. “Questa è stata una delle nostre idee più estreme,” dice Philippin, “ma le tempere mostrano il ragionamento che c’è dietro la mostra.”
Kapoor spesso disegna schizzi preparatori come questi. “Un sacco di lavori di scultura vengono fuori dai suoi disegni,” dice Kiosoglou. “Quando andiamo nel suo studio ci capita di vedere bozzetti su cui sta lavorando. Le tempere sanno descrivere meglio un’atmosfera, spiegano come dovrebbe esser percepita la scultura.”
Brighten the Corners ha lavorato con Kapoor in modo simile quando si è trattato di fare un progetto per il bilancio annuale 2011-12 dell’azienda di illuminotecnica Zumtobel. Consta di due volumi: uno offre un’ipnotica sequenza di pagine colorate tratte da Wounds and Absent Objects, un video di Kapoor; l’altro è puramente tipografico, il testo in Courier è disposto in modo da richiamare forme proprie dell’opera di Kapoor. Questo raro esempio di arte e design in ambito commerciale è stato un grande successo, premiato da parecchi riconoscimenti. Il bilancio Zumtobel testimonia la relazione tra Kapoor, Philippin e Kiosoglou, nella quale vi sono chiare e complementari differenze fra due metodi di lavoro.
I designer tornano continuamente al “processo” lavorativo instaurato con Kapoor. Per spiegare le loro idee, presentano a Kapoor dei bozzetti accurati. “Quel che abbiamo imparato è che possiamo discutere di un progetto a livello concettuale,” dice Kiosoglou, “ma non possiamo davvero arrivare a una decisione finché non diamo qualcosa in mano a Kapoor. Il livello teorico non basta a convincerlo. Se c’è un’idea, allora la devi portare a compimento e poterla vedere.” Philippin indica le spaziose aperture a doppia pagina di Symphony: “Se noi ci fossimo limitati a descrivere questa soluzione, lui ci avrebbe detto no.”
Per certi aspetti, Kapoor non è così diverso da altri tipi di cliente, ma Philippin e Kiosoglou dicono che non c’è altro cliente il cui punto di vista tengano così tanto in considerazione. I due designer hanno uno spirito audace che fa il paio con quello di Kapoor, sostenuto da galleristi ed editori che sono felici di vedere le proposte del duo realizzate una volta che Kapoor ha dato luce verde. “Vuole quel che vogliamo noi,” dice Kiosoglou, “che il libro sia una ‘cosa’.”
Gli “scultorei” materiali di stampa, la carta e l’inchiostro, la rilegatura e la copertina, tutto contribuisce a dare fisicità al lavoro di Brighten the Corners con Kapoor. Non sono “libri d’artista”, sono piuttosto copie multiple ottenute grazie a processi di produzione accuratamente supervisionati. Ogni volume ha una certa massa, una presenza fisica che funge da preparazione alla contemplazione dell’opera di Kapoor nella sua monumentalità, o da memento dell’esperienza. In un tempo in cui così tante esperienze artistiche sono prive di peso ed effimere, la collaborazione di Brighten the Corners con Kapoor assicura che l’arte e il suo processo possano durare, in tempi e spazi diversi, sulla pagina stampata.