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Manuale Tipografico by Giambattista Bodoni, 2 vols., Parma, 1818. The frontispiece shows Francesco Rosaspina’s engraving of a famous portrait by Andrea Appiani.

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Pulp 09Storie

L’uomo dietro il carattere

Bodoni fu uno stampatore che divenne famoso, una celebrità il cui nome ricordiamo ancor oggi. Di Robert Hanks
EditoriaGraphic designPrinting

Manuale Tipografico by Giambattista Bodoni, 2 vols., Parma, 1818. The frontispiece shows Francesco Rosaspina’s engraving of a famous portrait by Andrea Appiani.

Il Manuale fu pubblicato dopo la morte dal fedele proto Luigi Orsi, sotto la supervisione della moglie Paola Margherita dall’Aglio.
Punzone Bodoni della lettera ‘N’, inciso dai fratelli Amoretti, che furono attivi a Parma alla fine del settecento, e ebbero un ruolo importante nella fonderia bodoniana. Il loro sodalizio fu bruscamente interrotto per ragioni non del tutto chiarite.
A Il primo Manuale Tipografico (Fregi e majuscole incise e fuse da Giambattista Bodoni, Parma 1771). La paternità dello stile dei caratteri fu elegantemente riconosciuta dallo stesso Bodoni al francese Fournier.
Il secondo volume del Manuale del 1818 riporta 223 caratteri non-latini, che comprendono alfabeti greci, cirillici, ebraici e arabi. Ci sono poi più di un migliaio di fregi, e svariati elementi tipografici, come linee finali, grappe, simboli matematici.

Viviamo in un mondo in cui la tipografia viene presa molto seriamente. Sui nostri computer abbiamo dozzine di font tra cui scegliere e siamo pronti a bearci della scelta del carattere per un cv o un invito; abbiamo le nostre convinzioni sul Comic Sans e siamo capaci di guardarci un intero documentario sull’Helvetica.

Nel 1740, quando nacque Giambattista Bodoni, la tipografia – la stampa a caratteri mobili composti a mano – era trattata come cosa di poca importanza. Se gli stampatori erano ammirati non era per la composizione del testo ma per lo stile dei fregi o delle illustrazioni che lo accompagnavano. Bodoni fu uno degli stampatori che cambiarono questo stato di cose, insieme all’inglese John Baskerville a Birmingham e ai Didot a Parigi. Una pagina di solo testo stampata con le loro eleganti font su carta di eccellente qualità può apparire di una bellezza indicibile. E loro sono riusciti a dare nuovo prestigio alla stampa. Bodoni era una celebrità già da vivo, noto in tutta l’Europa. Dal momento della sua morte è stato venerato (e talvolta vituperato) da stampatori e designer.

Bodoni nacque da una famiglia di stampatori di Saluzzo, in Piemonte. A diciott’anni andò a Roma dove trovò un lavoro presso Propaganda Fide, l’ufficio vaticano preposto alla diffusione della fede all’estero. Fu così che il giovane Bodoni si trovò a stampare con alfabeti copti e tibetani. A 28 anni si ammalò mentre si preparava a partire per incontrare Baskerville in Inghilterra. Coincidenza fortunata: l’offerta di dirigere la stamperia ufficiale del Ducato di Parma lo raggiunse a casa. Accettò e rimase a Parma per il resto della sua vita.

Il suo ruolo – stampare leggi e note ufficiali – lo metteva a stretto contatto con il governo, ma aveva relazioni con circoli letterari, artistici ed ecclesiastici e veniva celebrato per le sue impareggiabili edizioni dei classici, come per esempio l’Iliade. Nel suo tempo libero incideva caratteri in modo compulsivo. Un punzone usato per fare gli stampi per i caratteri in piombo richiede ore di incisione e Bodoni se n’è lasciati alle spalle più di 25.000. Lavorava anche alla sua grande opera, il Manuale Tipografico, un enorme compendio di caratteri di corpi, pesi e stili diversi (tondo, corsivo, ecc.). Non potè finirlo, ma la sua vedova riuscì a pubblicarlo pochi anni dopo la sua morte.

Bodoni fu il maestro di quel genere di caratteri chiamati anche oggi “moderni” per distinguerli dai vecchi caratteri che imitavano la scrittura a mano: lettere con spessi tratti verticali in netto contrasto con i tratti orizzontali molto fini e dotati di grazie piatte e sottili. Anche se sembra perfetto per catturare l’attenzione, per i titoli, i frontespizi o i manifesti, nelle colonne di testo i moderni possono risultare difficili da leggere finendo per confondere il lettore. William Morris, disegnatore e stampatore dell’Ottocento, lamentava “l’orrore soffocante della lettera bodoniana, il tipo più illeggibile che sia mai stato inciso”. Bodoni è stato criticato, anche in vita, per una certa sciatteria: le sue edizioni potevano anche essere bellissime ma erano piene di refusi.

Vari punzoni Bodoni incisi dai fratelli Amoretti. Dopo la collaborazione con Bodoni, nel 1795 avviarono la propria tipografia, con sede a San Pancrazio (Parma).

Tuttavia divenne famoso come pochi altri stampatori. La sua era un’epoca in cui i libri stampati iniziavano a diffondersi ed era questione di prestigio possederli ed esibire la propria biblioteca. Altre amministrazioni e reggenti cercarono di convincere Bodoni a lasciare Parma. Gli aristocratici impegnati nel Grand Tour gli facevano visita nel suo studio per vedere e comprare le sue opere; Napoleone visitò Parma e chiese di lui (ma quel giorno era bloccato a casa con la gotta); l’imperatrice Giuseppina Bonaparte visitò Parma, parlò con Bodoni e si portò via un po’ di volumi. La sua influenza si sente ancora: il 2013, anno del bicentenario della sua morte, ha visto fiorire in suo onore diverse mostre e il progetto “Compulsive Bodoni”, destinato a creare una versione digitale completa dei caratteri del Manuale Tipografico. E imitazioni del suo stile abbondano ovunque: nelle riviste di moda, sulle copertine degli album dei Nirvana e sui poster per Mamma Mia.

 

 

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