Il lavoro dell’artista giapponese Yoko Ono (n. 1933) è sempre stato legato alla carta: appelli chiari e concisi, stampati o scritti a mano su carta o cartoncino. Molte delle sue opere sono come spartiti musicali, concepite per dar vita a una performance. Nel panorama artistico della New York degli anni Sessanta, Ono, come il suo collega John Cage, aveva capito che l’arte poteva assumere qualsiasi forma: una mela, una danza, una frase. Prendiamo Cloud Piece (1963-64): “Immaginate delle nuvole che sgocciolano. Scavate una buca nel vostro giardino per farcele cadere dentro”.
Il catalogo per la mostra alla Tate “Yoko Ono: Music of the Mind” (15 febbraio – 1 settembre 2024) è un progetto di A Practice for Everyday Life (Apfel), studio londinese fondato da Kirsty Carter e Emma Thomas.
“Siamo grandi fan delle carte Fedrigoni” afferma la Carter. “Le usiamo per quasi tutte le nostre pubblicazioni”. La gamma di carte naturali si presta particolarmente bene a riportare i complessi colpi di scena delle opere di Ono, che oltre ai lavori su carta includono copertine di LP, fotogrammi e fotografie di eventi, tra cui il celebre Bed-In for Peace (1969) con John Lennon dei Beatles. Tra le foto a colori troviamo l’installazione partecipativa Add Colour (Refugee Boat), concepita nel 1960 (ma realizzata nel 2016), che a oltre sei decenni di distanza risulta ancora dolorosamente attuale.