
Mario Di Paolo, 44 anni, fotografo e designer, è noto per le sue innovative etichette di vino. La sua ‘factory’, Spazio Di Paolo – un edificio bianco alle porte di Pescara, in Italia, sulla costa adriatica –è adibita a studio di design, sala di posa, archivio, casa editrice, galleria d’arte e sede di eventi e ha conquistato finora 140 premi in occasione di fiere come Vinitaly, Los Angeles International Wine Competition, San Francisco Wine Competition e concorsi di design quali European Design Awards, Red Dot Design Awards, Pentawards e Fedrigoni Top Award.
Il padre Gino, una vita dedicata alla fotografia, all’insegnamento e alla frequentazione del mondo artistico e pubblicitario, gli è stato di esempio. “Da piccolo passavo con lui il sabato e la domenica in camera oscura,” racconta Di Paolo. “Sono cresciuto in mezzo ad artisti e stampatori: per anni mio padre ha avuto il suo studio sopra una tipografia con cui collaborava. È così che ho maturato la mia passione per la fotografia, la grafica e la stampa. E vent’anni fa ho aperto un nuovo capitolo, quello del packaging e della comunicazione, rivolto in particolare ai produttori di vini.”
“Oggi siamo tra le aziende più premiate in Europa e stiamo estendendo il nostro raggio d’azione anche ai liquori” dice Di Paolo. “Sappiamo come adattarci alle diverse esigenze del mercato. Lavoriamo bene sia con le grandi aziende sia con quelle più piccole. Con le prime abbiamo a che fare con grandi volumi, milioni di bottiglie all’anno, mentre con le seconde i numeri sono ovviamente più contenuti. In ogni caso quel che conta è il punto di vista che portiamo.”
“Io intervengo proprio sul punto di vista,” continua Di Paolo. “Prendiamo la carta: nell’era digitale è tutt’altro che un materiale ‘finito’. La carta, dal punto di vista di uno scultore, è un materiale da lavorare e assemblare in tante combinazioni per realizzare idee e cose diverse. Il mio modo di affrontare il lavoro di progettazione implica la scelta di un punto di vista non distaccato, solidale e informato. Conoscenze tecniche, ricerca e passione guidano la creatività. Non serve fare analisi della concorrenza, guardare quel che fanno gli altri, studiare le ‘references’, come insegnano nelle scuole. Per me il punto di partenza dev’essere il foglio bianco.”
“La prima etichetta con cui abbiamo fatto incetta di premi è stata Litos per Valentina Passalacqua. È un vino passito pugliese che conserva in sé le caratteristiche minerali del sottosuolo costituito da strati di pietra calcarea. Per comunicare questa biodiversità abbiamo scelto e assemblato tre diverse carte naturali con tre differenti toni di bianco con il contributo tecnico della Rotas, azienda specializzata in etichette. Era la prima volta che si realizzava un’etichetta autoadesiva a tre strati con una produzione automatizzata, un risultato mai ottenuto prima, anche perché nessuno si era mai spinto a cercarlo. Ho dimostrato che la carta offre un mondo di possibilità ancora tutte da esplorare.”